13 Maggio
Quando ero in fase di programmazione del viaggio mi ero
riproposto di essere meticoloso, di non lasciare niente al caso, poi mi sono
reso conto che la bellezza del viaggio
sarebbe stata anche un po’ di improvvisazione. Così è successo tra Ruoti ed
Avigliano, dove mi ritrovo a guadare un fiume per raggiungere la strada che mi
porterà verso la tappa successiva. In realtà più che un fiume è una classica
fiumara e non è che ci fosse molta acqua. Diciamo che mi sono appositamente
bagnato i piedi per poter poi scrivere questo pezzo! Oggi la strada è
brevissima, circa 4 chilometri e questo grazie agli amici ruotesi che mi hanno
consigliato una scorciatoia. Non essendo un viaggio spirituale od una sfida con
me stesso ho sempre accettato, durante il cammino, dei validi consigli che mi
accorciassero la strada. Questo viaggio ripercorre inevitabilemente i luoghi
del brigantaggio post-unitario ed Avigliano da questo punto di vista è molto
particolare perché diede i natali a
Nicola Summa, il più famigerato “Ninco Nanco”. Ad Avigliano ci arrivo in
salita (e che salita!). Ad aspettarmi ci sono Carmen Salvatore, presidentessa
della proloco e Margherita Telesca, tesoriera. Quando contattai Carmen per la
prima volta mi disse “si ci piacerebbe
molto aiutarti, se non siamo in tournée con i quadri”. E mo che sono sti
quadri da portare in tournée? Vengo a scoprire che ad Avigliano sono famosi per
una cosa molto particolare, i quadri plastici, cioè ripropongono nella realtà
famosissimi dipinti rinascimentali (per lo più), come lo splendido
“Crocifissione di San Pietro” di Caravaggio. Entrando nella sede della Proloco
mi ritrovo di fronte ad una parete piena di foto-confronti e mi viene davvero
difficile distinguere il quadro dalla riproduzione umana. Questa tradizione, mi
spiega Carmen, è vecchia almeno di un secolo ed è legata strettamente alla
particolare vocazione di Avigliano per l’artigianato. Per la riproduzione di un
quadro, oltre ai figuranti, protagonisti visibili, infatti vi si impegnano
almeno una dozzina di artigiani tra falegnami, sarti, fabbri per non parlare
dei truccatori che con la loro capacità riescono a riprodurre la luce dei
quadri, proprio come facevano quei geni che li hanno partoriti. Un lavoro immane per un’esibizione di un
minuto che viene apprezzata a pieno solo da una determinata angolazione. Un
gioiello. Avigliano è per me molto eccitante proprio per la sua storia
artigianale e per le tracce (ormai poche purtroppo, mi dicono) che sono
riuscite a conservarsi nei secoli. Avigliano era il centro artigianale di tutta
la Basilicata. Punto di riferimento per maestranze e produzione di qualsiasi
cosa. Non a caso si trova sull’Appia, la più grande strada di comunicazione e
commercio dell’impero romano che sembra ancora oggi mantenere quella
caratteristica. Qui di artigiani ne conoscerò parecchi, a partire da Vito Aquila, mastro coltellaio, ultimo
costruttore della famigerata “balestra aviglianese”, nata per difendere un
amore, divenuta protagonista di efferati omicidi e sanguinose battaglie. Un
coltello che parla, tanto da godere di una particolare legge che prevedeva uno
sconto di pena qualora l’assassino avesse fatto scattare per tre volte il
particolare meccanismo metallico. Come se l’assassinio fosse stato annunciato e
la vittima l’avesse affrontato consapevolmente. La sua lavorazione è lunga e
meticolosa. Circa 40 giorni per produrne una completa. Materiali ricercati e
particolari come il corno di bufalo maschio, stagionato almeno 25 anni o come
le leghe metalliche che vengono battute centinaia di migliaia di volte.
Salutiamo Vito e ci dirigiamo in un altro posto magico, un
po’ più femminile, più boutique. Da
Annangela Lovallo la sartoria diventa espressione artistica. Creazioni ago
e filo di esclusiva bellezza. La sua arte, oltre a quella sartoriale, è di
investire nel bello. La sua bottega è forse decontestualizzata. Più parigina
che aviglianese ma è espressione di gusto estremo. Annangela lotta ogni giorno
contro cultura vigente e contesto sociale, per esprimere quello che è e che
vuole essere. Parallelamente al suo atelier crea un vero e proprio museo di
abiti tradizionali. Non dozzinale, non folkloristico, non popolano, dove arte,
sapienza, logica ed amore del bello trovano naturale collocazione.
Il prossimo amico artigiano è Canio Genovese, un “barilaio” quasi ottantenne. Maestro nella
lavorazione del legno, ha passato la sua vita a costruire barili di cerro e
castagno, alla maniera aviglianese: doghe in legno, chiusure in legno, cerchi
in legno, tappi in legno. Canio sembra essere un po’ più schivo degli altri ma
ben presto entriamo in confidenza. Il legno è la mia passione e stare nella sua
falegnameria mi riempie di sensazioni positive. Canio è ormai a fine carriera e
non ci sono più lavorazioni giovani nella sua bottega che è posta su una
particolare strada di Avigliano. Un vicolo, in realtà, largo nemmeno due metri,
lungo una settantina che dava dimora fino al 1960 a 57 botteghe artigiane
varie.
Carmen è un’attenta osservatrice e conosce e descrive
perfettamente la sua Avigliano. Il ruolo che ricopre (presidentessa della
proloco) le calza come pochi. Lei è un’insegnante ma rispecchia perfettamente
quello che dovrebbe essere secondo lei in Italia il ruolo dei dipendenti
pubblici dal punto di vista sociale. “avendo
una garanzia economica, rapportata ad un carico di lavoro equo durante la
giornata” dice lei “il dipendente pubblico, secondo me, dovrebbe essere prima
di altri parte attiva nella comunità ma paradossalmente succede quasi sempre il
contrario”. Io, questa cosa l’ho verificata proprio col mio viaggio. La
maggior parte delle persone impegnate nel sociale, di quelle che ho conosciuto,
sono o studenti o liberi professionisti. Sembra essere questo un controsenso ma
forse no. In effetti mi viene da pensare che chi è giovane e chi fa impresa
abbia il coraggio di sfruttare una mentalità più aperta ed intraprendente,
caratteristiche necessarie per un impegno fruttuoso in società.
Continuiamo il nostro giro. Carmen mi accompagna con grande
interesse e si vede nel suo modo di fare la voglia di far conoscere i suoi
luoghi e la sua gente. Arriviamo dunque da Tommaso
Lovallo, un falegname che non possiede una piccola bottega ma proprio un
capannone. L’abito non fa il monaco e le sue lavorazioni non sono di certo
industriali. Tommaso il legno lo intaglia e partorisce dei veri e proprio
capolavori. Ultima sua sfida, il violino. Compra un libro sulla tecnica, lo
legge una volta, le sue mani la ripropongono. Il risultato è una goduria dei
sensi.
Avigliano è una città viva, che pullula e posso solo
minimamente immaginare cosa fosse fino a 40 anni fa quando qui non c’erano
cinquanta tra botteghe ed aziende ma mille. Il cuore produttivo di una regione, una produzione pura, logica e
ragionevole, non come quella di oggi che porta il nome di FIAT, Total ed Eni,
in un territorio che sinceramente ha le tasche piene ma che versa ogni giorno
lacrime e sangue e che paga con la vita il prezzo di una illusoria ricchezza.
Sulla piazza principale di Avigliano, su via Tommaso Claps,
illustre giurista aviglianese, c’è Tonina
Salvatore, un’altra che resiste, coi suoi capi di pregiata fattura con l’antico
telaio di legno. Sapienza tramandata da generazione in generazione e che
lei ha passato alle sue figlie. “L’importante è che questa arte non muoia” mi
dirà con un orgoglio visto poche volte.
La città di Potenza non offre supporto al mio viaggio e mi
trovo “costretto” a restare ad Avigliano due giorni. Ma da un imprevisto nasce
quasi sempre qualcosa di buono e sulla falsa riga del giorno precedente conosco
un’altra interessantissima persona. Non proprio un artigiano ma più un
imprenditore. Vito Telesca è a capo
della “Selettra SPA”, un’azienda che produce impianti di illuminazione
pubblica con il sistema innovativo “MLS-Multi LED street” in grado di garantire
un risparmio energetico di alta qualità. Vito è giovane e prende in mano
l’azienda proprio nel momento in cui c’era bisogno di un cambio. Prima lavora
per le multinazionali, poi le sfida e qualche vittoria la ottiene
È inevitabile ad Avigliano parlare di lavoro, qui dove ha
sempre avuto una sola accezione “ancestrale e ponderato utilizzo delle mani”.
Con Carmen ci soffermiamo a riflettere sulle condizioni del lavoro oggi, sulle
potenzialità e le opportunità non colte. Avigliano è un caso emblematico, una
dirompente forza artigianale che viene stroncata a partire dagli anni settanta,
con l’avvento della grande produzione e l’assegnazione di posti pubblici in
maniera indiscriminata, nell’innesco di quel meccanismo che quarant’anni dopo
avrebbe generato la crisi economica.
L’artigiano abbandona la bottega e sceglie la sicurezza economica, compenso ad
uno sforzo sicuramente minore. La storia però è fatta di corsi e ricorsi ed
oggi l’economia sembra poter ripartire solo dal piccolo artigianato e
dall’impresa personale. La microeconomia alla base della macroeconomia
nazionale, così come logica vorrebbe.
La mia due giorni aviglianese volge al termine, una tappa
davvero ricchissima, vissuta a 360° ed arricchita dalla presenza a sorpresa di due grandi sostenitori: mio fratello Leonardo ed
il mio amico Angelo. Sin dall’inizio fiancheggiatori di questa avventura mi
raggiungono per condividere le mie emozioni e per rendermi ancora più felice!
Prossima tappa, Anzi!