10 maggio 2017
Questa è la tappa del valico del Monte
Carruozzo, che sempre mi rimarrà impresso e che ho classificato come
il miglior momento del viaggio, quello più emozionante, quello in
cui ho perso la parola. Sto percorrendo pedissequamente la via Appia
e vederla tortuosa su queste dolci montagne mi fa pensare a chi per
primo l’ha percorsa e tracciata, vorrei parlarci per conoscerne lo
stupore e confrontarmici. Il valico si trova a 1273 m s.l.m. Lo
stupore è grande anche perché non sapevo che sarei passato da qui
(non che mi fossi consumato a controllare prima). Tutte le strade per
me sono state una sorpresa, forse volutamente. In effetti sono
partito con i migliori auspici di preparazione: lunghezze,
altitudini, fondi stradali ma ad un certo punto ho capito che questo
tipo di organizzazione non faceva parte del mio essere ed alla fine
ho controllato sempre e solo il traffico. Tutto il resto una
sorpresa.
Mi sono così ritrovato a partire da 200 m s.l.m. ed
arrivare a 1273, con immensa gioia. Il paese che raggiungerò
oggi è Castelgrande che sancisce, per La Calata, l’ufficiale
ingresso in Basilicata. Valicare il Carruozzo significa per me
iniziare un percorso totalmente a piombo Nord-Sud che mi porterà
direttamente a casa ed è un po’ come se la vedessi. Ad aspettarmi
a Castelgrande, comune di 500 anime, c’è il presidente della
ProLoco Nicola Paradiso. In realtà sono io che aspetto lui, in
quanto impegnato giorno e notte in quella che lui definisce “l’unica
cosa che qui a Castelgrande può portare un minimo di sviluppo” e
cioè l’osservatorio astronomico.
Ci incontriamo in piazza mentre
precede un pulmann con una scolaresca di 50 bambini che vengono dalla
Campania. Sono arrivati adesso per visitare il telescopio, il
parco dei colori e la riserva delle farfalle. Nicola è un
appassionato ed insieme ai bambini seguo la sua lezione di astronomia
imparando un sacco di cose curiose, tipo che siamo letteralmente la
goccia di uno sputo nell’universo, cioè lo intuivo già ma quando
ti presentano i numeri resti un po’ spiazzato. I bambini sono
entusiasti e capisco che in effetti questo piccolissimo osservatorio
potrebbe essere una grande attrattiva per portare gente in questo
borgo. Con Nicola parliamo proprio di opportunità di sviluppo. Mi
dice, con un fare davvero molto pratico “ l’osservatorio è e
potrebbe essere ancor di più, un’attrattiva per Castelgrande. In
un anno conto di portare seimila persone e considerando che lavoriamo
solo in due per questo progetto, mi sembra un numero considerevole.
Seimila persone in un anno non significa solo osservatorio ma anche
ristoranti, bar, ed altre attività ci guadagnerebbero e potrebbero
avere un motivo valido per restare”. Quando Nicola arriva in piazza
è un po’ adirato. Il pulmann ritarda, o meglio, è bloccato sulla
provinciale adiacente alla piazza. Il perché non è troppo curioso
per noi che viviamo i piccoli paesini meridionali: una macchina
parcheggia comodamente ogni giorno sulla provinciale impedendo a
quell’unico pulmann che potrebbe arrivare di svoltare per imboccare
la strada che porta all’osservatorio. Nicola rassegnato mi dice
“lo vedi contro cosa devo combattere? Contro una che mi parcheggia
la macchina sempre nello stesso punto nonostante le abbia detto che
almeno una volta ogni due giorni da qui passa un pulmann con
cinquanta persone che vanno all’osservatorio! Cioè, io porto qui
seimila persone in un anno ed i miei problemi sono questi”.
Ho
pensato spesso al nostro “innato” senso civico che è proprio la
rappresentazione del nostro amor proprio. Non riusciamo a capire che
non è nostro solo quello che è direttamente collegato a noi ma è
nostro tutto ciò che ci circonda.
La cosa pubblica in Italia è di
tutti e di nessuno e questo ci porta ad un degrado tremendo e lungo
questo viaggio ne ho visto tanto di degrado per le strade e per i
paesi. L’uomo del Sud non è mai stato abituato a fare le cose per
passione bensì per necessità. Là dove non v’è necessità allora
non interessa andarci. Così le piazze sono piene di spazzatura, le
strade si distruggono, le case, non seguendo un piano urbanistico che
non dovrebbe essere solo frutto dell’amministrazione ma soprattutto
del buon senso, non conferiscono al paese quell’appeal da “borgo”
che tanto attira adesso e ci lamentiamo. Ci lamentiamo della nostra
condizione sfigata come se la vita ce l’avessero consegnato bella
impacchettata con un status quo deciso da qualcun’altro. Troppo
facile dare le colpe a Dio o chi per lui dopo una catastrofe senza
assumersi la benché minima responsabilità sul sito di
costruzione di una casa, o su quello scolo d’acqua di campagna che
abbiamo tappato perché se no “veniva nella mia terra”, o su
quella nostra inerzia da divano e talkshow che non fanno altro che
inselvaggirci col risultato che sbraitiamo soltanto senza mordere
mai!
I problemi di Castelgrande, che immagino non siano limitati solo
a questa macchina che sto usando come capro espiatorio sono gli
stessi che si ritrovano ovunque in giro per il Sud. Io descrivo la
realtà e la realtà parla del buono e del brutto.
Per fortuna
dico che per ogni macchina parcheggiata male c’è un Nicola che si
ostina e non si arrende!