Avellino: modello di gestione associativa


4-5 Maggio


Nella fase di preparazione di questo viaggio, nel rapportarmi alle grosse città ho trovato discreti problemi. La scelta di passare e fermarmi in città come Avellino e Potenza, una cinquantamila e l’altra sessantamila abitanti, aveva come obiettivo capire cosa significa Sud in provincia e come vengono gestiti i soliti vincoli in città che contano dalla loro un quantitativo umano non indifferente. I problemi erano legati proprio alla dispersione che caratterizza le città, al decentramento ed alla naturale diminuzione identitaria che può caratterizzare un grosso agglomerato urbano. 
A farla breve, a chi ti rivolgi come referente per un viaggio del genere in una città di cinquantamila abitanti? Potenza di questo viaggio non ha fatto più parte proprio per questo motivo, la dispersione a cui non sono riuscito a porre rimedio. 

Ad Avellino invece la storia è stata differente. Non sapevo comunque dove mettere mano, ma la rete organizzativa di questo viaggio è diventata così fitta ed inclusiva che mi ha risolto anche questo problema. Paola Liloia, mia referente a Lioni ha reso possibile un contatto diretto con l’assessore alla cultura della città di Avellino, Bruno Gambardella, il quale entusiasta del progetto mi ha affidato al forum giovani. Iniziano i contatti con Stefano Luongo, presidente del forum ed inizio subito a capire che Avellino non è dispersiva, anzi mi sembra molto identitaria. 

Il mio arrivo ad Avellino è accolto con grande entusiasmo, lo stesso entusiasmo che trovo nei piccoli ma ben organizzati paesi. Nel silenzio dei giorni precedenti, forum, proloco ed altre associazioni si sono mobilitate tantissimo per rendere la mia permanenza ad Avellino il più produttiva ed entusiasmante possibile.
Arrivo, mi sdraio in piazza, zaino sotto la testa, come sono solito fare ad ogni tappa dove arrivo in anticipo. Mi guardo intorno, cerco di capire qual è l’anima di questo posto. Arriva Bruno Minicozzi, poco più che ventenne presidente dell’azione cattolica. È un fiume in piena. Subito mi parla di progetti, iniziative che peró non riguardano prettamente la sua associazione. Insieme aspettiamo Stefano, presidente del forum, uno che si fa notare parecchio. Uno che parla tanto, molto affabile, uno che evidentemente ammalia e che è riuscito a mettere sotto un unico ideale vessillo le principali associazioni cittadine. Anche lui mi ubriaca di parole, parlando di progetti, situazioni, idee che si, prendono il forum, ma che sono, per come intuisco io le cose, priorità di un’associazione culturale.
Sono suo ospite nella sua casa e dal primo momento vengo trattato come “uno di loro”, come se fossimo amici da tempo. Non si formalizzano, ringrazio Dio per questo. Alle 17 arriva Mauro Napolitano, presidente della proloco, mio coetaneo o forse un paio d’anni in più. Qui il quadro si delinea in maniera abbagliante: le tre principali associazioni cittadine, forum giovani (istituzionale), proloco(culturale) e associazione cattolica (religiosa) sono nelle mani di tre ragazzi che non superano i trent’anni! Stupefacente! Le cose che mi colpiscono di più peró sono altre due: Stefano, Mauro e Bruno sono grandi amici, credo da tanti anni ed ognuno di loro, pur rappresentando associazioni differenti parla degli stessi progetti che abbracciano contemporaneamente tutte e tre le identità associative. Cioè hanno una sola linea programmatica. Hanno tante teste ma una sola idea.
Ci tengono parecchio a spiegarmi le loro idee, i loro progetti per i giovani, per la cultura e per lo sviluppo della Città. Faccio davvero fatica a stargli dietro e le loro idee sono tutte valide, tutte originali e tutte lungimiranti. Il borgo dei filosofi, la collaborazione con la Scandone Basket per un mega torneo estivo, lo StayMusic festival che coinvolge migliaia di persone, il primo maggio. Solo queste alcune delle manifestazioni in programma. Una sola parola peró riecheggia sempre, collaborazione o meglio, accordo. 

Scopriró l’esistenza di altre associazioni i cui presidenti fanno parte sempre del medesimo gruppo di persone e quando una manifestazione va in porto sui tabelloni ci sono i nomi di almeno sei associazioni e se non i nomi, le menti. Cioè, hanno capito un concetto molto banale e semplice: un contesto socialmente statico puó essere mosso solo dall’unione di diverse forze; l’unione a monte delle diverse forze è molto più incisiva di una improbabile unione a valle. Spiego meglio. Qui non sono state unite diverse associazioni provenienti da contesti differenti con un protocollo di intesa frutto di un compromesso; qui l’unione di intenti è tra persone che provengono dallo stesso contesto che però formalmente gestiscono associazioni differenti. Il lavoro fatto a monte è stato quello di raggruppare persone estremamente fattive sotto un’unica linea programmatica.
I ragazzi hanno preparato un terreno così fertile per il mio arrivo che quasi quasi la gente mi saluta per strada senza che io la conosca. In due giorni mi portano a visitare ogni angolo della città ed a conoscere tutte le persone che loro reputano affini al progetto. Ma andiamo per ordine. 

Il primo appuntamento in serata è con la compagnia teatrale “Vernice fresca”, quattro ragazze che fanno un teatro d’avanguardia (potrei sbagliare definizione, non sono un esperto), e che in questo periodo portano in scena lo spettacolo “ho.me” toccando il tema scottante e delicato dell’accoglienza. Ho il piacere di parlare con loro a fine serata e di condividere i nostri progetti, molto simili, molto utopici. “fare teatro ad Avellino non è facile” mi dicono, “soprattutto questo tipo di teatro. Noi peró sappiamo che fare teatro in una certa maniera può educare e far crescere la città, dunque non ci fermiamo”. Le loro problematiche nel fare teatro ad Avellino non si limitano solamente ad un contesto sociale poco propenso ma anche a problemi oggettivi legati ai rapporti con l’amministrazione “da un giorno all’altro ci è stato vietato di riunirci e provare nella stanza che la stessa amministrazione ci aveva concesso”. Senza entrare nel merito, di esempi simili ne ho incontrati tanti. Progetti, idee, imprese che vengono bloccate da situazioni che alla fine si rivelano solamente mere beghe amministrative o prese di posizione che fondano su nessun principio. Le ragazze hanno un discreto successo e tra una quindicina di giorni porteranno il loro spettacolo all’estero, ad Heidelberg, Germania.

L’indomani appuntamento ufficiale in comune. Una conferenza stampa con televisioni e giornali locali. Conosco l’assessore Gambardella che anche di persona si dimostra entusiasta per il progetto e persona attenta e lungimirante. Incontro anche il sindaco Foti, che si presenta in una maniera alquanto infelice (secondo mio personalissimo parere), dicendo “il nostro Sud è disgraziato, nel senso che non gode di grazie”. Io sono un ragazzo di 27 anni, che nel bel mezzo della propria carriera a Roma ha deciso di tornare a riabbracciare il suo Sud, quel Sud che ama. Ho reputato svilente che un politico meridionale di 68 anni, sindaco di una provincia meridionale, parlasse così. Il sud per ripartire ha bisogno di “identità”, la maggior parte dei politici imperanti negli ultimi 30 anni ce l’hanno tolta.

Il nostro tour cittadino prosegue con il “casino del Principe” uno stabile ottocentesco che per i ragazzi della proloco rappresenta un grosso progetto. Infatti hanno partecipato ad un bando regionale e ne hanno ottenuto la gestione. La loro intenzione è di creare all’interno una sala prove musicale, locali per corsi d’arte e musica, spazi ricreativi ed associativi, insomma creare un posto dove i giovani possano liberamente riunirsi, incontrarsi e dare adito alle proprie passioni. Sotto il casino, l’ipogeo, un’antica zona termale di non sospette origini romane, i ragazzi mi dicono “guarda che abbiamo qui ad Avellino e le persone manco lo sanno”. E così tante altre cose che i ragazzi ci tengono a farmi vedere: cripte, sotterranei, chiese, ruderi, tutte potenzialità per un ampio e grande progetto di sviluppo che però, purtroppo, restano un po’ nell’oblio.

In questa due giorni avellinese ho anche il piacere di incontrare una mia conterranea e la sua famiglia, Anna Marano. Ci tengo molto a sottolineare questi aspetti, questi incontri con i miei conterranei. Il fatto di ritornare alla mia terra ed incontrare pezzi della mia terra lungo il mio percorso mi emoziona e rende possibili tante riflessioni sui legami che ancorano le persone al proprio luogo di nascita nonostante le distanze.
Nella città visitiamo ancora l’istituto “Victor Hugo” e la sua ampia biblioteca e la sera il fantastico teatro Gesualdo. Un salto al Tilt dove conosco Felice che mi racconta la sua storia. Il sogno di aprire un locale di musica dal vivo, un grosso investimento, il tutto vanificato da una irregolarità insormontabile dello stabile. La nuova ricerca, un nuovo investimento con l’aiuto di fondi europei, debiti fino al collo ma finalmente, dopo due anni di tira e molla si apre, il 31 dicembre del 2016. Un esempio di come la resilienza paghi sempre perché mossa e spinta da una passione senza misura. L’uomo non può fermare ciò che è mosso dall’amore.

La due giorni si conclude ed il saluto coi ragazzi è di quelli commoventi. Ho analizzato e valutato il metodo di gestione associativa che qui ho cercato di descrivere a sul quale ho incentrato questo resoconto. Credo sia necessario per raggiungere obiettivi concreti. Tante associazioni accomunate da un’unica idea. Ho analizzato anche i rischi, tra cui il principale e cioè che il fine giustifichi troppo i mezzi e che il mezzo sia una sorta di “egemonia a circolo chiuso”. È inutile girarci intorno, è questo il rischio più alto ma non è consequenziale in maniera logica. Tutto dipende dal buon senso

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