Montesarchio: il turismo storico come possibilità di sviluppo

2 Maggio 2017


Con Montesarchio chiudo una telenovela di spostamenti che da Sessa Aurunca, mi catapulta a Napoli e mi costringe a restarvici per una notte. Questa situazione implica eliminare Sant’Agata de’ Goti dal mio programma e di questo me ne rammarico. Arrivo a Montesarchio in autobus (si perché da Napoli non era auspicabile una camminatina), verso le 11. Ad aspettarmi c’è Paolo, presidente della locale proloco. Paolo è un ragazzone che da subito da l’impressione di essere “morbosamente” attaccato al suo territorio. Sposó il progetto sin da subito e per questa giornata ha radunato una ventina di persone tra amministratori, imprenditori ed associazioni. Quando trovo referenti così pronti, così attivi, la Calata acquista un senso. Paolo dapprima mi racconta la storia di Montesarchio, una storia ricchissima che origina dai Sanniti. Ci troviamo nella Valle Caudina ed è qui che , probabilmente, l’impero romano fu sconfitto dai Sanniti dando vita all’episodio delle “forche caudine”. Dopo i sanniti, i romani, successivamente i longobardi e poi i normanni, passando da angioini, aragonesi e borbone fino al risorgimento ed i giorni nostri. Una raccolta di episodi storici non indifferenti che rende Montesarchio affascinante ed intrigante. Dalla parte bassa intravedo, scorgendo il poggio che la sovrasta, una torre ed un castello. La prima tappa che Paolo mi propone è proprio il castello ql cui interno è stato istituito il museo archeologico. In questa valle furono ritrovate circa cinquemila tombe con tutti i reperti caratteristici degli ornamenti funebri. Il fiore all’occhiello del museo è peró il “vaso di Asteas” del famosissimo vasaro Asteas di Paestum vissuto 3 secoli prima di Cristo. Un vero e proprio monumento che tornó a Montesarchio qualche anno fa dopo varie peripezie tra tombaroli, mercato clandestino e carte false. Il preziosissimo reperto è custodito in questo museo ben curato e ben organizzato, dove peró iniziano ad affiorare alcune pecche gestionali. Paolo e l’archeologo che ha curato tutta la catalogazione dei pezzi mi spiegano che il museo rischia uno stallo per un problema di competenze tra comune e beni culturali e quelli che lì hanno donato tempo e passione possono essere facilmente estromessi dalla gestione e dal lavoro con un conseguente scadimento del servizio. Stessa cosa sembra essere successa per la torre che si trova 100 metri di fronte al castello. Il comune dopo un sostanzioso investimento per la messa in sicurezza e la pulizia non si vede riconosciuto il diritto gestionale perché competenza della sovrainendenza che peró non manda lì impiegati e quindi la torre resta chiusa. Per far si che la torre fosse aperta e visitabile si è dovuta costituire un’associazione di volontari, “le sentinelle della torre”, guidati da Ciro Siciliano, che col proprio tempo, la propria passione e molto spesso i propri soldi puliscono e manutengono il sito che riesce ad accogliere migliaia di persone ogni anno. Certe volte mi viene da pensare che le buone idee non bastino. Che non basti prodigarsi, spendersi, avere intuizioni, investire soldi. Certe volte mi trovo di fronte a situazioni in cui è proprio chi dovrebbe aiutarti e farti da garante, cioè lo Stato, a costruirti di fronte un muro, insormontabile. I problemi burocratici in Italia sono ormai noti ma toccarli con mano ti butta nell’assurdo, in un limbo intangibile da cui non sembra esserci via d’uscita. Forse il male da non augurare mai a nessuno è proprio quello di trovarsi in mezzo a beghe amministrative e burocrazia, un netto svilimento delle idee di una persona.

Con Paolo attraversiamo tutto il centro storico. Da un lato , quello del maestoso monte Taburno, si trova il borgo Vetere che ancora presenta caseggiati abitati. Dall’altro, il borgo che guarda Napoli e la parte nuova di Montesarchio. Attraversare le stradine del centro storico mi mette addosso una grande tristezza: completamente disabitato ed abbandonato. I tetti di molte case sono crollati o stanno per. Addirittura un’antichissima chiesa micaelica di età Longobarda completamente lasciata al proprio destino, serrata perché non agibile e col tetto sfondato. Anche Paolo è triste per questa cosa. Lui naturalmente di più visto il suo attaccamento al luogo in cui è nato. Ad un certo punto un tunnel…si n tunnel di cemento armato in pieno centro storico. Paolo mi spiega che è il frutto di un vecchio progetto per un ascensore che portasse fino al Castello. Di questo scempio si occuparono anche giornalisti di un certo livello. I soldi poi finirono, come sempre, e l’opera restó incompiuta. Una pugnalata allo stomaco.
La parte bassa del centro storico è stata mantenuta e riutilizzata. Il vecchio convento francescano adesso è sede comunale ed i palazzi a ridosso della grande piazza dove primeggia una fontana con in mezzo la satua di Ercole, sono stati riqualificati.

Il nostro pomeriggio è ricco e nella sede della Proloco ho il grande onore di confrontarmi con amministratori, imprenditori, associazioni e giovani.

Montesarchio si trova direttamente sull’Appia ed in questo viaggio ho imparato che i centri che si trovano su questa direttiva hanno mantenuto nei secoli la loro indole commerciale. Sono molto fiorenti dunque, in questo centro di quattordicimila abitanti, attività commerciali ed imprenditoriali. E qui oggi ne ho di fronte una discreta rappresentanza. Pasquale Monte che ha rinnovato ed innovato la sua azienda agricola investendo sul concetto bio e la vendita diretta; Luigi Izzo che gira il mondo con un suo brevetto elettronico per il risparmio energetico; Umberto Caturano che si occupa di traslochi; Gaetano Dedona che ha rilevato uno stabile comunale per aprirci il suo pub gourmet; Rino Baccara che organizza eventi. Tutti giovani, tutti con le idee chiare. Parlo con loro chiedendogli qual è la loro idea di imprenditoria e quali sono i limiti territoriali. La loro idea è alquanto logica: il mercato non è più quello degli albori, se non fai qualcosa di esclusivo sei fuori, se non ti sforzi sei fuori, se non dai di più sei fuori. Questo concetto, per quanto possa sembrare banale e scontato non è del tutto applicato , tendenzialmente, nel commercio e nell’imprenditoria a Sud. Ció che vedo a malincuore nelle imprese a meridione è che c’è ancora la tendenza a cullarsi su quel fittizio benessere degli anni ’80 e credendo che il mercato sia ancora quello si scade nella dozzinalità e nel pressapochismo. È anche per ció, che vedo in questo periodo di crisi, una grossa opportunità per spezzare un cordone ormai esaurito, come mi stanno dimostrando tanti giovani in questo viaggio, compresi quelli che ho di fronte oggi. Uno dei grossi limiti, mi spiegano, è proprio il divario generazionale ed un contesto sociale poco avvezzo all’innovazione ed alla collaborazione. È come se fossimo a cavallo tra due ere con tutti i problemi che porta lo “stare nel mezzo”. In questi ragazzi vedo tanta consapevolezza, fanno le cose e le fanno bene, nei minimi dettagli, studiano, si informano, girano. Rappresentano l’alba di un nuovo modo di rischiare e di fare impresa.

Il problema della cooperazione esce fuori anche parlando con le associazioni. Oltre alla già citata “sentinelle della torre”, ho modo di confrontarmi con Mario Cerere di “Taburno trekking”,Mario Lombardo di “Cirene”, Giuseppina Simeone di “Arca” ed appunto la proloco. Mi spiegano che il tessuto associativo è abbastanza fitto ma che la comunicazione, a volte è scarsa. Ultimamente peró è come se tutti, in ogni posto che ho attraversato, si fossero resi conto della situazione e che quindi tendano a cercare punti di contatto. Emerge anche il problema del cooperativismo a livello commerciale e di quanto poca interconnessione ci sia tra attività ed associazioni, come se il volontariato associativo non venisse visto come un reale ritorno in termini di “bene collettivo”. Un’altra piaga che sto purtroppo riscontrando nel mio viaggio è la scarsità di partecipazione giovanile ad attività associative e di volontariato. E quello che più colpisce è che non è frutto di un dissenso ma di una sterile apatía generalizzata. Se questa cosa non cambia, il sud non potrà mai svilupparsi. Il concetto di bene comune e sviluppo collettivo deve essere inculcato nei giovani sin dalla prima età ed è il terreno fertile sulla quale piantare poi qualsiasi idea. I rppresentati delle associazioni con cui parlo oggi lo sanno bene e noto nei loro occhi un pizzico di rassegnazione in tal senso. Quando peró mi parlano del loro lavor e del fatto che mai smetterebbero nonostante tutti, gli occhi ricominciano a brillare e l‘entusiasmo li pervade.

Ho qui la possibilità anche di confrontarmi con Antonio de Mizio, assessore alle politiche sociali e Bepy Izzo, assessore al bilancio. Loro sono la voce istituzionale e mi descrivono un quadro disastroso dal punto di vista finanziario seguito all’ultima legge di stabilità. Essendo di quattordicimila abitanti, Montesarchio viene trattato come un comune di cinquemila rientrando nel gruppo dei comuni con meno quindicimila abitanti e le risorse non sono rapportate al numero di servizi da erogare. Poi le stringenti norme in materia di anticorruzione ed economia non permettono più un rapporto diretto tra comune e cittadino. Insomma, siamo stato un popolo cosí corrotto che i provvedimenti che si sono dovuti prendere non prevedono assolutamente il buon senso. Dall’altra parte le istituzioni lamentano una popolazione, sempre in crescita, di “statisti da tastiera”, gente pronta a giudicare e sentenziare dietro uno schermo, criticare senza costruttività, che peró non azzarda mai le vie convenzionali di segnalazione e protesta, frequentando per esempio gli uffici comunali preposti. Noto qui a Montesarchio una certa collaborazione tra le istituzioni e le associazioni, fondamentale per perseguire l’obiettivo del bene comune.

Con Paolo ci spingiamo in una disamina generale del contesto cittadino e lui conferma ampiamente le mie impressioni: a Montesarchio c’è tutto il possibile per uno sviluppo davvero interessante e fruttuoso che metterebbe le basi soprattutto sull’immenso patrimonio storico ma mi dice: “sempre piú mancano volontà e persone per farlo”. Nonostante un briciolo di rassegnazione dovuto alla sua consapevolezza, Paolo continua a lottare ininterrottamente per un fine che va oltre i protagonismi ed i personalismi.

Dopo una fantastica cena dall’amico Gaetano, ringrazio Paolo per la premurosa ospitalità e saluto gli amici di Montesarchio! Domani mi incammineró alla volta di Roccabascerana

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