Con Montesarchio chiudo una telenovela
di spostamenti che da Sessa Aurunca, mi catapulta a Napoli e mi
costringe a restarvici per una notte. Questa situazione implica
eliminare Sant’Agata de’ Goti dal mio programma e di questo me ne
rammarico. Arrivo a Montesarchio in autobus (si perché da Napoli non
era auspicabile una camminatina), verso le 11. Ad aspettarmi c’è
Paolo, presidente della locale proloco. Paolo è un ragazzone che
da subito da l’impressione di essere “morbosamente” attaccato
al suo territorio. Sposó il progetto sin da subito e per questa
giornata ha radunato una ventina di persone tra amministratori,
imprenditori ed associazioni. Quando trovo referenti così pronti,
così attivi, la Calata acquista un senso. Paolo dapprima mi
racconta la storia di Montesarchio, una storia ricchissima che
origina dai Sanniti. Ci troviamo nella Valle Caudina ed è qui che ,
probabilmente, l’impero romano fu sconfitto dai Sanniti dando vita
all’episodio delle “forche caudine”. Dopo i sanniti, i romani,
successivamente i longobardi e poi i normanni, passando da angioini,
aragonesi e borbone fino al risorgimento ed i giorni nostri. Una
raccolta di episodi storici non indifferenti che rende Montesarchio
affascinante ed intrigante. Dalla parte bassa intravedo, scorgendo il
poggio che la sovrasta, una torre ed un castello. La prima tappa che
Paolo mi propone è proprio il castello ql cui interno è stato
istituito il museo archeologico. In questa valle furono ritrovate
circa cinquemila tombe con tutti i reperti caratteristici degli
ornamenti funebri. Il fiore all’occhiello del museo è peró il
“vaso di Asteas” del famosissimo vasaro Asteas di Paestum vissuto
3 secoli prima di Cristo. Un vero e proprio monumento che tornó a
Montesarchio qualche anno fa dopo varie peripezie tra tombaroli,
mercato clandestino e carte false. Il preziosissimo reperto è
custodito in questo museo ben curato e ben organizzato, dove peró
iniziano ad affiorare alcune pecche gestionali. Paolo e l’archeologo
che ha curato tutta la catalogazione dei pezzi mi spiegano che il
museo rischia uno stallo per un problema di competenze tra comune e
beni culturali e quelli che lì hanno donato tempo e passione possono
essere facilmente estromessi dalla gestione e dal lavoro con un
conseguente scadimento del servizio. Stessa cosa sembra essere
successa per la torre che si trova 100 metri di fronte al castello.
Il comune dopo un sostanzioso investimento per la messa in sicurezza
e la pulizia non si vede riconosciuto il diritto gestionale perché
competenza della sovrainendenza che peró non manda lì impiegati e
quindi la torre resta chiusa. Per far si che la torre fosse aperta e
visitabile si è dovuta costituire un’associazione di volontari,
“le sentinelle della torre”, guidati da Ciro Siciliano, che col
proprio tempo, la propria passione e molto spesso i propri soldi
puliscono e manutengono il sito che riesce ad accogliere migliaia di
persone ogni anno. Certe volte mi viene da pensare che le buone
idee non bastino. Che non basti prodigarsi, spendersi, avere
intuizioni, investire soldi. Certe volte mi trovo di fronte a
situazioni in cui è proprio chi dovrebbe aiutarti e farti da
garante, cioè lo Stato, a costruirti di fronte un muro,
insormontabile. I problemi burocratici in Italia sono ormai noti
ma toccarli con mano ti butta nell’assurdo, in un limbo intangibile
da cui non sembra esserci via d’uscita. Forse il male da non
augurare mai a nessuno è proprio quello di trovarsi in mezzo a beghe
amministrative e burocrazia, un netto svilimento delle idee di una
persona.
Con Paolo attraversiamo tutto il centro
storico. Da un lato , quello del maestoso monte Taburno, si trova il
borgo Vetere che ancora presenta caseggiati abitati. Dall’altro, il
borgo che guarda Napoli e la parte nuova di Montesarchio.
Attraversare le stradine del centro storico mi mette addosso una
grande tristezza: completamente disabitato ed abbandonato. I
tetti di molte case sono crollati o stanno per. Addirittura
un’antichissima chiesa micaelica di età Longobarda completamente
lasciata al proprio destino, serrata perché non agibile e col tetto
sfondato. Anche Paolo è triste per questa cosa. Lui naturalmente di
più visto il suo attaccamento al luogo in cui è nato. Ad un certo
punto un tunnel…si n tunnel di cemento armato in pieno centro
storico. Paolo mi spiega che è il frutto di un vecchio progetto per
un ascensore che portasse fino al Castello. Di questo scempio si
occuparono anche giornalisti di un certo livello. I soldi poi
finirono, come sempre, e l’opera restó incompiuta. Una pugnalata
allo stomaco.
La parte bassa del centro storico è
stata mantenuta e riutilizzata. Il vecchio convento francescano
adesso è sede comunale ed i palazzi a ridosso della grande piazza
dove primeggia una fontana con in mezzo la satua di Ercole, sono
stati riqualificati.
Il nostro pomeriggio è ricco e nella
sede della Proloco ho il grande onore di confrontarmi con
amministratori, imprenditori, associazioni e giovani.
Montesarchio si trova direttamente
sull’Appia ed in questo viaggio ho imparato che i centri che si
trovano su questa direttiva hanno mantenuto nei secoli la loro indole
commerciale. Sono molto fiorenti dunque, in questo centro di
quattordicimila abitanti, attività commerciali ed imprenditoriali.
E qui oggi ne ho di fronte una discreta rappresentanza. Pasquale
Monte che ha rinnovato ed innovato la sua azienda agricola investendo
sul concetto bio e la vendita diretta; Luigi Izzo che gira il mondo
con un suo brevetto elettronico per il risparmio energetico; Umberto
Caturano che si occupa di traslochi; Gaetano Dedona che ha rilevato
uno stabile comunale per aprirci il suo pub gourmet; Rino Baccara che
organizza eventi. Tutti giovani, tutti con le idee chiare. Parlo con
loro chiedendogli qual è la loro idea di imprenditoria e quali sono
i limiti territoriali. La loro idea è alquanto logica: il mercato
non è più quello degli albori, se non fai qualcosa di esclusivo sei
fuori, se non ti sforzi sei fuori, se non dai di più sei fuori.
Questo concetto, per quanto possa sembrare banale e scontato non è
del tutto applicato , tendenzialmente, nel commercio e
nell’imprenditoria a Sud. Ció che vedo a malincuore nelle imprese
a meridione è che c’è ancora la tendenza a cullarsi su quel
fittizio benessere degli anni ’80 e credendo che il mercato sia
ancora quello si scade nella dozzinalità e nel pressapochismo. È
anche per ció, che vedo in questo periodo di crisi, una grossa
opportunità per spezzare un cordone ormai esaurito, come mi
stanno dimostrando tanti giovani in questo viaggio, compresi quelli
che ho di fronte oggi. Uno dei grossi limiti, mi spiegano, è proprio
il divario generazionale ed un contesto sociale poco avvezzo
all’innovazione ed alla collaborazione. È come se fossimo a
cavallo tra due ere con tutti i problemi che porta lo “stare nel
mezzo”. In questi ragazzi vedo tanta consapevolezza, fanno le cose
e le fanno bene, nei minimi dettagli, studiano, si informano, girano.
Rappresentano l’alba di un nuovo modo di rischiare e di fare
impresa.
Il problema della
cooperazione esce fuori anche parlando con le associazioni. Oltre
alla già citata “sentinelle della torre”, ho modo di
confrontarmi con Mario Cerere di “Taburno trekking”,Mario
Lombardo di “Cirene”, Giuseppina Simeone di “Arca” ed appunto
la proloco. Mi spiegano che il tessuto associativo è abbastanza
fitto ma che la comunicazione, a volte è scarsa. Ultimamente peró è
come se tutti, in ogni posto che ho attraversato, si fossero resi
conto della situazione e che quindi tendano a cercare punti di
contatto. Emerge anche il problema del cooperativismo a livello
commerciale e di quanto poca interconnessione ci sia tra attività ed
associazioni, come se il volontariato associativo non venisse visto
come un reale ritorno in termini di “bene collettivo”. Un’altra
piaga che sto purtroppo riscontrando nel mio viaggio è la scarsità
di partecipazione giovanile ad attività associative e di
volontariato. E quello che più colpisce è che non è frutto di
un dissenso ma di una sterile apatía generalizzata. Se questa cosa
non cambia, il sud non potrà mai svilupparsi. Il concetto di bene
comune e sviluppo collettivo deve essere inculcato nei giovani sin
dalla prima età ed è il terreno fertile sulla quale piantare poi
qualsiasi idea. I rppresentati delle associazioni con cui parlo oggi
lo sanno bene e noto nei loro occhi un pizzico di rassegnazione in
tal senso. Quando peró mi parlano del loro lavor e del fatto che mai
smetterebbero nonostante tutti, gli occhi ricominciano a brillare e
l‘entusiasmo li pervade.
Ho qui la possibilità anche di
confrontarmi con Antonio de Mizio, assessore alle politiche sociali e
Bepy Izzo, assessore al bilancio. Loro sono la voce istituzionale e
mi descrivono un quadro disastroso dal punto di vista finanziario
seguito all’ultima legge di stabilità. Essendo di quattordicimila
abitanti, Montesarchio viene trattato come un comune di cinquemila
rientrando nel gruppo dei comuni con meno quindicimila abitanti e le
risorse non sono rapportate al numero di servizi da erogare. Poi le
stringenti norme in materia di anticorruzione ed economia non
permettono più un rapporto diretto tra comune e cittadino. Insomma,
siamo stato un popolo cosí corrotto che i provvedimenti che si sono
dovuti prendere non prevedono assolutamente il buon senso.
Dall’altra parte le istituzioni lamentano una popolazione, sempre
in crescita, di “statisti da tastiera”, gente pronta a giudicare
e sentenziare dietro uno schermo, criticare senza costruttività, che
peró non azzarda mai le vie convenzionali di segnalazione e
protesta, frequentando per esempio gli uffici comunali preposti. Noto
qui a Montesarchio una certa collaborazione tra le istituzioni e le
associazioni, fondamentale per perseguire l’obiettivo del bene
comune.
Con Paolo ci spingiamo in una disamina
generale del contesto cittadino e lui conferma ampiamente le mie
impressioni: a Montesarchio c’è tutto il possibile per uno
sviluppo davvero interessante e fruttuoso che metterebbe le basi
soprattutto sull’immenso patrimonio storico ma mi dice: “sempre
piú mancano volontà e persone per farlo”. Nonostante un briciolo
di rassegnazione dovuto alla sua consapevolezza, Paolo continua a
lottare ininterrottamente per un fine che va oltre i protagonismi ed
i personalismi.
Dopo una fantastica cena dall’amico
Gaetano, ringrazio Paolo per la premurosa ospitalità e saluto gli
amici di Montesarchio! Domani mi incammineró alla volta di
Roccabascerana