27-28 Aprile 2017
Parto da Itri verso le 9, oggi il
percorso non è né lungo né impervio. I 13 km di Appia da
percorrere sono dolci ed includono la costa. Oggi sarà la prima
volta nel mio viaggio in cui toccherò davvero il mare. Amo la
montagna, la preferisco di gran lunga al mare. Vedere solo montagne e
boschi per una settimana, però, mi ha dato un po’ il senso di
dispersione, di essere troppo lontano dal mondo. Forse perché ho
dovuto, per forza, associarci una sofferenza fisica importante che
oggi fortunatamente si è placata. Insomma, vedere la costa mia ha
dato stranamente l’idea di riconciliarmi col mondo. Un mondo
caotico, rumoroso, che per certi versi odio ma che mi fa sentire più
assicurato.
Maranola è una frazione di Formia di
3800 abitanti. Non si direbbe assolutamente visto che nel borgo
antico c’è pochissima gente. Il centro storico è fantastico.
Uniforme, non arlecchinato. Le case sono tutte a pietra e credo che i
lavori di ristrutturazione vengano eseguiti con criterio. Maranola è
famosa per due cose: il presepe vivente che l’anno scorso attiró
ottomila persone ed il festival della zampogna. Anche questo sembra
essere un paese dormitorio. Le attività commerciali sono pochissime.
Arrivo molto in anticipo rispetto al
previsto. Questo mi permette di visitare gli unici due bar del paese.
Nel primo trovo una ragazza, ventiseienne. Iniziamo a parlare, le
racconto la mia storia e lei la sua. Un azzeccatissimo esempio di
resilienza. Lei ed il ragazzo hanno appena acquistato questo bar e
l’anno prossimo si sposeranno. Loro, tra l’altro, qui hanno solo
dei parenti mq sono di Formia. Cioè: due ventiseienni che lasciano
la costa, una città di quarantasettemila abitanti per comprare un
bar e trasferirsi in un borgo di scarsi cinquecento. La spiegazione è
stata semplice: abbiamo provato ad andare fuori, non abbiamo trovato
quello che ci aspettavamo ed abbiamo capito che qui potevamo fare
molto di più. Che fossero ingegnosi ed un po’ folli l’avevo
capito dalla lavagnetta dei caffè. Qui si possono ordinare: caffè
messicano, tapioca, hawaiano e tailandese! Nel secondo trovo un
signore sulla cinquantina che appena entro mi indica e mi dice “sei
tu quello che viene a piedi!” E mi offre un panino e del vino!
Parlo anche con qualche ragazzo e gli
chiedo la situazione di Maranola. La risposta è rassegnazione: qui
non c’è niente, da Formia non arriva niente (Maranola dipende da
Formia), non si lavora…insomma, un lamento che sa appunto di
rassegnazione, un lamento non costruttivo. Uno dei motivi del titolo
di quest’articolo.
Parlo anche con un anziano che ha un
punto di vista differente. Lui dice che i giovani non vogliono
lavorare e che preferiscono stare a casa piuttosto che sporcarsi.
Queste affermazioni non mi sono nuove. Durante il viaggio le sto
sentendo sempre più spesso e la cosa che mi fa pensare è che non
sono solo gli anziani a dirlo. Una delle imprenditrici della
ristorazione con cui ho parlato in questo viaggio mi ha detto che lei
trova estrema difficoltà ad individuare giovani per offrirgli una
posizione. Lei questa cosa la lega al fatto che sembra che i giovani
non vogliano sacrificarsi (per esempio lavorare sabato e domenica in
un ristorante) e che cerchino esclusivamente un lavoro da minimo
sforzo/massimo guadagno, che oggi non esiste più. Naturalmente non
si generalizza ma anche io ho trovato degli esempi del genere.
Alle 16 arriva Vito, presidente di
Formia turismo e segretario della proloco di Formia. Un Napoletano,
trapiantato a Formia, over 60, che si occupa di assistenza
informatica alle aziende guidando personalmente la sua impresa che
conta tre sedi. Insomma, un tipo iper attivo e molto loquace.
Impegnato sia nel lavoro che nel sociale. Uno dalle mille passioni,
che ama e studia il territorio. A noi si aggiungono svariati
professori ed esponenti associativi. Questo nostro incontro sarà più
di tipo turistico che di ricerca. Mi fanno visitare il borgo antico
ed i suoi mulini e mi spiegano la storia di Maranola riempendomi
letteralmente di libri.
L’indomani resto a Maranola perché
aspetto visite! Da Roma arriva il mio grande amico Vincenzo. Con lui
condivido smisurate passioni tra cui due in particolare, il Sud e la
musica. È stato partecipe de “La Calata” sin dall’inizio e
crede fermamente in quello che sto facendo. Con lui abbiamo formato
il gruppo “ i filduprain “ che con canzoni autoprodotte canta il
Sud, la lontananza, la voglia di tornare. La Calata in effetti è
figlia del progetto Filduprain che abbraccia tutti i moventi del mio
viaggio. Vincenzo porta con se uno zaino pieno di cibo, cibo della
nostra Albidona e mi rende felice come un “bambino alle giostre”,
commenterà successivamente. Lui è un prossimo medico e la sua
visita gli serve anche per sincerarsi delle mie condizioni. In
effetti, peró, credo che “chincaricchij e patan” (patate e
peperoni fritti) siano la medicina ideale per tutti i mali! Con se ha
anche una chitarra, suoniamo e filmiamo alcuni nostri pezzi dentro la
stupenda cornice dei vicoli maranolesi, con non poca emozione.
La sera sono ospite di Vito ed Anna
nella propria casa. Ho l’opportunità di chiedere della situazione
a Maranola. Vito mi parla del territorio e di Formia che
inevitabilmente influenza tutto. Ha decenni di esperienza nel campo
associativo e conosce benissimo i problemi ed i limiti sociali di
queste zone. A Maranola ci sono 15 associazioni e tutte lavorano per
il recupero e la vitalità del borgo che peró sembra più un punto
di approdo in determinate occasioni che stanziale. Mi sembra di
capire che i maranolesi abitino tutti nello spazio compreso tra
Maranola e Formia (4 km). L’identità del borgo viene comunque
mantenuta e da questo punto di vista la situazione è nettamente
peggiore a sulla costa. Lui mi parla, in un discorso piú
generalizzato, di un Sud semplicemente apatico e con poco
attaccamento al territorio. Mi anticipa che più si scende più la
situazione peggiora. L’impegno sul proprio territorio viene visto
come superfluo dato che non porta ad un guadagno personale.
La strategia che Vito prospetta per il
mantenimento di Maranola è quella di accorpare le associazioni e di
collaborare con un unico scopo cosa che secondo lui è fattibile piú
nei piccoli centri che nei grossi agglomerati urbani. È come se le
città non si accorgesseró del proprio decadimento e che questo
sentimento sia più forte nei paesi piccoli che sentono di più la
necessità di unire le forze e che hanno di più la possibilità di
creare qualcosa di buono.
Lascio Vito ed
Anna ringraziandoli per la grande ospitalità. Domani varcherò il
Garigliano approdando in Campania.