Itri: briganti e tempi moderni

26 Aprile 2017


Per arrivare ad Itri da Lenola, passo da Fondi e riprendo l’Appia. Qui la strada si ingrossa e lo scorrimento è veloce. Fondi è diventato un grosso centro commerciale (qui ha sede uno dei più grossi mercati ortofrutticoli d’Europa), quindi vi faccio immaginare il via vai. Il mio amico Angelo è ancora con me ma lui va in macchina, si ferma, fa riprese, foto, mi aspetta e riparte. Mi telefona e mi dice di aver intercettato una strada piú sicura, e che strada! A metà percorso tra Fondi ed Itri inizia il parco regionale dell’Appia antica. Un vero e proprio tuffo nel passato. Calpesto pietre messe lí dai romani, dai rinascimentali e dai Borbone, incrociando ponti, ceppi e limiti. Sicuramente il tratto di strada più bello percorso finora. L’appia spacca Itri a metà e quando ti ci trovi a ridosso lo spettacolo è garantito. Il castello, dell’VIII secolo svetta sul centro storico arrampicato su un rilievo collinare. Dalle foto avevo notato la bellezza ma dal vivo è mozzafiato. Ci infiliamo nel centro storico che peró sembra inspiegabilmente deserto. Poche case abitate, una sola attività commerciale e noto anche tanta incuria. Tanti interrogativi, me li faró risolvere. Alle 16 ho appuntamento con la Proloco. Andando lí noto che tutta la vita si svolge sul versante sinistro dell’Appia. Anche il comune è lí come tutte le attività commerciali e gli uffici pubblici. Ad aspettarmi c’è Franco, segretario della proloco e le due ragazze del servizio civile, Erica e Gabriella . Mi parlano un po’ di Itri. Undici mila abitanti, sviluppatasi negli ultimi anni per l’eccessivo prezzo delle case a Gaeta e Formia. Centro storico che solo negli ultimi 10 anni ha goduto della considerazione degli amministratori ma ancora scarsamente valorizzato. Economia che gira attorno all’oliva itrana, all’estrazione di pietra dalla vicina cava ed al turismo di riflesso della costa. L’oliva Itrana è DOP è per trarne il maggior profitto ed una gestione piú controllata qui è stata creata, con grande lungimiranza, una cooperativa con 550 olivicoltori. I giovani di Itri vengono descritti come attivi e la disoccupazione giovanile è molto bassa. Si spingono in attività commerciali sulla vicina costa o anche in loco traendone un lavoro di tipo stagionale. Molti peró emigrano e preferiscono trasferirsi per continuare gli studi universitari a Napoli o Roma. Le associazioni non sono molte, solo 10 per undicimila abitanti. Franco peró mi garantisce che la Proloco è ben frequentata e che quando c’è da lavorare i soci accorrono. Gli chiedo di descrivermi gli itrani e loro mi dicono solo “accoglienti” (posso confermare). Dopo aver parlato con Franco vengo affidato alle due ragazze del servizio civile per un tour storico-culturale di Itri. A loro chiedo il punto di vista sulle cose di cui abbiamo discusso in sede. Tutto più o meno confermato ma esce fuori anche una mentalità un po’ chiusa che fa venir voglia di andar via, soprattutto ad una di loro. Mi parlano dei giovani e del fatto che negli ultimi anni si sono attivati un po’ di più e che Itri riesce ad offrire varie situazioni per le loro attitudini. Alla domanda “come ti vedi tra dieci anni?” entrambe peró rispondono “lontano da Itri” o per voglia o per necessità. Erica è una storica dell’arte e mi spiega minuziosamente le bellezze del borgo antico. Gabriella è innamorata di Fra diavolo. Michele Pezza, detto Fra diavolo nacque qui. Il nome gli venne attribuito perché iperattivo e perché per voto a San Francesco di Paola la madre gli mise il saio. Pezza fu un brigante del primo periodo a cavallo tra ‘700 ed ‘800. Uccise il suo mastro di bottega e si nascose sui monti. Venne riformato dai Borbone quando furono attaccati dai francesi e la pena gli fu commutata in anni obbligatori di servizio militare. Lui arrivó a guidare un battaglione dell’esercito borbonico ed a bloccare i francesi alla quercia del monaco, odierno confine tra Latina e Frosinone. Quando fu catturato, gli proposero di tradire il suo regno ma lui rifiutò diventando un eroe. La storia di Fra diavolo era sconosciuta ai più qui ad Itri, la proloco ha cosí avuto una grande idea: andare nelle scuole e raccontare l’eroe itrano ai bambini in vari modi, anche con le fiabe. Una cosa geniale per riscoprire la propria storia. Un grande esempio da seguire. Credo sia indispensabile per la rinascita del Sud, conoscerne la storia ed i luoghi.

Itri peró ha vissuto anche la terza fase del brigantaggio, quella più sanguinosa e discussa, quella più occulta e mal tramandata, quella che sui libri di storia viene descritta solo come rapimenti ed omicidi gratuiti. Questa parte di storia, in tutto il Sud, viene dimenticata, malinterpretata e non cercata. Un vero peccato.
Le ragazze mi parlano del castello e del centro storico e di come questa parte di paese venga valorizzata pochissimo ed usata solo come luogo di quiete da chi qui ha una casa. Mi spiegano che lo sviluppo è avvenuto in basso per una questione di comodità, facendo un ghigno. Credo che anche loro si rendano conto dell’enorme potenziale del posto e che il nostro concetto di comodità sia molto strano. Parcheggiare la macchina a 10 metri da casa per noi è già scomodità. Fare quattro scalini tra i vicoli è scomodità. Avere il negozio a 200 metri è scomodità. Non mi riferisco solo ad Itri ma a tutto il Sud Italia che conosco. Lo spopolamento dei borghi è avvenuto per “scomodità”. In questo modo si è persa l’identità dei luoghi e delle persone. Da me in Calabria tutti i borghi si sono spopolati a favore della costa per un guadagno netto, molte volte, di 10 km rispetto al posto di lavoro; per un’opportunità commerciale (intesa come possibilità di comprare) maggiore. Cosí si è innescato quel fastidiosissimo circolo vizioso per la quale: mi trasferisco perché non c’è niente: non c’è niente perché ci siamo trasferiti.

Itri è diventata, per certi versi, una “città dormitorio” di persone che lavorano sulla costa o di vacanzieri nel periodo estivo. La loro strategia di sviluppo cavalca quest’onda e sembra essere una strategia vincente e che riesce a trattenere qui qualche giovane leva. Per il lavoro iperspecializzato, Itri, offre poco. Quelli che se ne vanno, mi sembra di aver capito, sono laureati che trovano occupazione solo a nord o nei grossi centri.

Lascio le ragazze e saluto Franco ringraziandolo per la grande ospitalità. Domani, Maranola, ultima tappa laziale della mia calata


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